Questo è uno dei “pezzi forti” del mio passato professionale, di queste immagini ne sono particolarmente orgoglioso. Siamo nella metà degli anni ottanta, allora creare immagini “fantasy”, come si chiamavano in quegl’anni, era un’operazione estrememente complessa e laboriosa. Non tutti erano in grado di proporre questo tipo immagine che poteva impegnare anche due-tre giorni di lavoro, oltre ad una grande preparazione tecnica. Sono tutte immagini realizzate con il banco ottico, una particolare fotocamera da ripresa con pellicola piana di grande formato: 13×18 cm. e 20×25 cm.

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Essendo dei set, delle scenografie estrememente complesse e laboriose, frutto di molte ore di lavoro, talvolta giorni, occorreva  aver la certezza del risultato finale prima di poter smontare il tutto. A tal fine, prima dello scatto si realizzavano alcune prove polaroid per visualizzare/controllare  sinteticamente l’immagine, se soddisfatti, si realizzava la ripresa finale, solitamente una diapositiva. Bisognava poi aspettare i tempi di sviluppo della diapositiva stessa, mediamente erano di un’ora e mezza più il tempo di trasportare fisicamente la pellicola in laboratorio. Dopodichè, appena ritornata in studio la diapositiva, veniva verificata e controllata con il lentino in ogni dettaglio e particolare.  Solitamente doveva essere valutata e corretta dal fotografo, dal direttore creativo e poi dal cliente. Questo per dire che come nel cinema, raramente era buona la prima!….

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Un’altro lavoro interessate di archeologia fotografica è questo caledario RIV-SKF 1986 realizzato nel 1985. Bisognava creare delle immagini con un certo effetto movimento, per creare dinamismo all’immagine. Ciò che mi fece risolvere il problema, fu utilizzare un filtro prismatico della cokin. Mi permetteva di creare più rifrazioni in una certa zona del soggetto (questo dipendeva da come lo posizionavo). Realizzavo una prima esposizione  “principale” di tutto soggetto, poi realizzavo una seconda esposizione con il filtro prismatico curando di mascherare e proteggere (con dei cartoncini appositamente tagliati ed introdotti nella fotocamera) le zone non interessate dall’effetto prismatico. Questo perchè il prisma creava anche altre rifrazioni impure e non belle in altre zone.

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Giusto qualche annetto fa nel mio primo studio circondato da mille attrezzature